SaggioPodcast #85 - Recensione iPad Pro 2018

Benvenuti alla puntata 85 del Saggio Podcast. Non so se prima della fine dell'anno riusciremo a registrare una puntata tradizionale con Luca, ma me lo auro.

Nel frattempo vi lascio con una nuova recensione che ha come oggetto l'iPad Pro 2018.

Vedo che questa formula vi piace e quindi quando ne ho la possibilità e per prodotti degni di nota ovviamente mi dedico insomma alla lettura.

Chiaramente c'è sempre qualche problema, in questo caso c'erano i muratori vicino casa che non vi dico quante ne hanno fatte, ma spero di essere riuscito a tagliarli il più possibile.

Prima di lasciarvi all'ascolto voglio ringraziare quelli che hanno rilasciato una recensione dall'ultima puntata.

Mi pare siano Poperto, Giucla88 e Fabriboni.

Vi ricordo che per noi le recensioni sono utilissime perché ci consentono di mantenere il podcast alto nelle classifiche di iTunes.

E si possono rilasciare direttamente da iTunes.

Oppure anche dall'app Podcast per iOS.

Consigli e suggerimenti sono sempre ben accolti.

Per computer e smartphone ho sempre mantenuto una mentalità aperta.

Ad oggi i miei preferiti sono Mac ed iPhone, ma lavoro anche sui PC che assemblo.

Ed ho sempre almeno uno smartphone.

Ho sempre un Android con me.

Apprezzo i diversi ambienti per le loro peculiarità e li uso di conseguenza,

anche se il mio ecosistema principale ruota attorno ai dispositivi Apple.

Per quanto riguarda i tablet, invece, non riesco ad avere la medesima flessibilità.

Ci ho provato ad usare quelli della concorrenza, ma sono rimasto sempre molto deluso.

Di modelli Android ne ho avuti diversi, dai più economici ai top di gamma,

ma l'ambiente e le app li rendono poco appetibili rispetto all'iPad.

Per quanto riguarda Windows,

l'anno scorso ho speso una mezza fortuna per il Surface Pro 3, su cui nutrivo grandi speranze.

Per mesi ho avuto problemi con il sistema di riconoscimento L.O.,

bootloop dovuti ad una cattiva gestione della batteria

ed un fastidio costante per quel grosso alimentatore non standard.

Tuttavia mi piace molto l'idea di passare da sistema tablet a desktop

e la realizzazione di Microsoft a non andar bene.

La parte tablet è una desolazione per i contenuti

e nell'uso come portatile rimane scomodo sulle gambe

per mancanza di risparmio.

La cover con tastiera è fatta bene,

ma richiede una scrivania per essere stabile,

mentre i portatili si usano praticamente ovunque.

L'iPad, al contrario, è un dispositivo nato con le idee chiare

ed un unico obiettivo, portare la comoda esperienza d'uso dell'iPhone

su uno schermo più grande.

Facendo leva su una comunità di sviluppatori

che all'epoca banchettava con gli ottimi ricavi dell'App Store,

il nuovo device ha ottenuto fin da subito larghi consensi

ed un supporto software molto esteso.

Con il supporto software,

con il tempo abbiamo imparato a conoscere i suoi limiti,

capito i punti di forza ed immaginato le possibili evoluzioni.

Continuano a nascere nuove app,

ma alcune sono sparite ed altre ancora hanno cambiato

modello di business o caratteristiche.

Lo sdoppiamento della gamma nel 2015

è servito per creare un preciso spartiacque.

Da una parte c'è il modello base,

economico e adeguato per l'uso direi tipico di un tablet,

dall'altra il Pro,

con il quale Apple vuole dimostrare

che il dispositivo è in grado di svolgere

compiti ben più impegnativi.

Questa dicotomia si rispecchia anche negli acquirenti,

la maggior parte dei quali trova piena soddisfazione col modello base,

già molto veloce e dotato di un bello schermo

per navigare, giocare o guardare foto o video.

Chi ha già comprato un iPad Pro in passato

lo ha fatto per ottenere qualcosa in più,

con riferimento alla migliore qualità del display,

alla smart keyboard o al supporto per Apple Pencil,

che nel 2018 però è arrivato anche nel modello base,

ma soprattutto per la qualità del display.

Ma soprattutto ha voluto credere alla possibilità

che un tablet potesse diventare uno strumento di lavoro.

A differenza di un computer tradizionale,

il cui campo d'applicazione è facilmente misurabile

guardando le specifiche hardware,

i limiti dell'iPad Pro sono quasi esclusivamente di tipo software.

Quando si compra un MacBook Air ad esempio,

si sa che le sue prestazioni non saranno adeguate

per il montaggio video,

per via delle CPU e GPU di cui è dotato,

mentre su iPad i limiti vanno intesi per lo più

come possibilità di un'applicazione

e le possibilità mancanti rispetto a quelle di un sistema operativo desktop.

Ciò non significa però che il tablet offra esclusivamente

un sotto insieme delle funzioni di un computer tradizionale,

poiché la sua natura mobile ne aggiunge anche di altre.

Queste possono essere di tipo ergonomico,

dovute magari all'assenza di tastiera

e all'uso con le dita o la penna,

così come funzionali,

visto che sui portatili non troviamo GPS,

bussola o SIM dati

e per questo non usiamo i computer

per la navigazione satellitare,

o per fare foto,

e spesso preferiamo i tablet anche per attività

come la fruizione di filmati

o la navigazione web,

dove il formato tavoletta può essere più maneggevole.

E c'è almeno un altro vantaggio tipico dell'iPad,

che con chip ARM a basso consumo

offre un'autonomia difficilmente equiparabile da un portatile.

Ma tutto ciò rientra nella sfera

che prima ho definito uso tipico del tablet.

Quindi, cosa dovrebbe fare in più un iPad Pro?

Questa è la domanda più difficile

a cui rispondere.

E per diverse ragioni.

La prima è che Apple stessa

sta ancora cercando di definire

in che direzione espandere le funzionalità dell'iPad Pro.

Dal momento che a fronte di qualche apertura,

richiesta a gran voce dagli utenti,

le implementazioni sono sempre segnate

dai limiti storici

e sostanzialmente autoimposti di iOS.

Penso ad esempio all'arrivo dell'app File,

che però non consente una cosa banalissima

come leggere una memoria esterna,

oppure all'uso simultaneo di più app,

vincolato comunque per numeri,

e dall'apertura in formati standard predefiniti.

Entrambi questi esempi,

che sono solo alcuni dei possibili,

dimostrano una visione ferma

sugli aspetti basilari.

Apple non vuole offrire apertura sul File System

e men che meno la libertà all'utente

di decidere quante app visualizzare

e in che forma.

Allo stesso modo ci nega la multiutenza,

la possibilità di collegare un mouse puntatore, ecc.

Superare queste barriere

imporrebbe in effetti

un cambio radicale del paradigma,

e rimetterebbe in discussione

la natura stessa del tablet:

da iPhone più grande

a MacBook senza tastiera.

Stanno facendo il possibile

per incrementare la produttività del tablet

senza spostare questi paletti,

e ciò è lodevole.

Duplicare la tradizionale esperienza desktop

sarebbe certamente più facile,

ma non porterebbe a qualcosa di migliore o diverso.

In poche parole non servirebbe a nulla

se l'obiettivo a lungo termine

è quello di modificare non soltanto

la percezione di personal computer,

ma anche

come questo si utilizza.

Il problema è che oggi ci consegnano

un prodotto bellissimo

e con specifiche tecniche semplicemente eccellenti,

che però non è in grado di equiparare

le funzionalità di un computer.

Credo che tra quelli

che hanno acquistato un iPad Pro

nella speranza di sostituirlo al portatile

si siano create principalmente due fazioni:

chi ha desistito

e lo usa come un normale iPad

più bello e costoso,

e chi invece è riuscito a raggiungere

in tutto o in parte il suo obiettivo,

sviscerando le logiche del dispositivo

ed adattando il suo workflow.

A meno di non farne un utilizzo davvero basico,

che non richiederebbe neanche il modello Pro,

è infatti impossibile riproporre

un tradizionale flusso di lavoro da computer

sull'iPad.

Bisogna trovare ogni volta escamotage

per gestire i file,

lavorare con più di due app contemporaneamente,

e utilizzare periferiche esterne

come microfoni, pendrive, fotocamere,

lettori di smart card per la firma digitale, ecc.

In sostanza si riesce ad usare

l'iPad Pro per lavoro solo se l'utente

si adegua a lui e non viceversa.

Si devono comprendere bene i limiti della piattaforma

e poi trovare percorsi alternativi

e spesso più lunghi per fare la stessa cosa

che su un computer si fa prima e più semplicemente.

Ad ogni nuovo iPad Pro

si moltiplicano le prove degli influencer

che vogliono dimostrare che ci si può fare

ad esempio della post-produzione fotografica

o un montaggio video,

cose per cui le prestazioni effettivamente non mancano,

ma che al di là dell'esperimento aumentaneo

alla fine quasi nessuno

preferirebbe fare così.

Quindi, a cosa serve un iPad Pro?

Nella mia esperienza,

che annovera l'acquisto e l'utilizzo

di tutti i modelli usciti finora,

compreso il primo 12,9 pollici,

poi il 9,7, il 10,5 e ora l'11 pollici del 2018,

l'unico modo per rispondere a questa domanda è

comprare un iPad Pro e sforzarsi di usarlo

in tutti i modi possibili come sostituzione di un computer,

ma soprattutto sperimentare quei campi

in cui può risultare più comodo.

Purtroppo non è un metodo che si possono permettere tutti

o che si possa giudicare sensato,

soprattutto considerando che l'ultima evoluzione

parte da ben 899 euro per il modello 64 GB solo WiFi.

Come al solito Apple ci mette di fronte

ad una scelta difficile fin dal momento dell'acquisto,

perché lo storage di base è un po' stretto

e lo diventa ancora di più se si intende farne un uso multimediale,

visto che non si può lavorare sui file

direttamente su una memoria esterna

ma si deve prima copiarli all'interno del dispositivo.

Allo stesso tempo scegliere il modello senza connessione cellulare

vanifica uno dei più importanti vantaggi di un tablet

rispetto ad un computer tradizionale.

Aggiungere maggiore spazio, ovvero 256 GB,

o la connettività LTE ha lo stesso costo,

facendo salire la spesa a 1.069 euro

e mettendoli entrambi si arriva a ben 1.239 euro.

Se poi si contano anche i prezzi,

si sa che gli utilissimi accessori,

come la Apple Pencil 2 e la Smart Keyboard Folio

si paga un totale di 1.573 euro.

Con la medesima selezione a partire dal più generoso 12,9 pollici,

ecco che la cifra schizza su a 1.813 euro.

In tutta sincerità io fatico moltissimo a considerarlo un acquisto consigliabile,

visto che con la stessa cifra ormai si compra un MacBook Pro 13 pollici Touch Bar

2018 e che anche un MacBook Air 13 pollici 2018

mi pare essere molto più versatile,

e questo senza voler considerare le più economiche alternative Windows.

A parte chi lo compra perché effettivamente è un prodotto eccezionale

sul piano del design e dell'hardware,

l'unico altro utente per cui si possa considerare logica la spesa

è quello che già ha avuto un iPad Pro in passato

ed ha trovato un modo per utilizzarlo come dispositivo principale di produttività,

e se siete uno di questi non posso che complimentarmi con questo.

Apple ha comunque fatto le giuste mosse per rendere l'iPad Pro appetibile per tutti.

Prima ha falciato via dal modello base cose che possedeva in passato,

penso ad esempio al pannello a laminazione completa dell'Air

che non si trova più nell'iPad 2017 e 2018,

poi ha migliorato il rapporto schermo/superfice con il modello da 10,5 pollici,

e infine ha presentato le versioni Pro del 2018 con un progetto completamente rinnovato.

Li potremmo considerare dei prodotti più utili,

potremmo considerare anche degli iPad X,

visto che il design ora richiama in modo evidente i nuovi iPhone con cornici costanti e schermo arrotondato agli angoli.

C'è poco da discutere sull'argomento, i nuovi iPad Pro hanno davvero una marcia in più.

Nel modello da 11 pollici i bordi laterali lunghi sono un po' più larghi rispetto a quelli del precedente 10,5 pollici,

ma solo perché in cima è stato inserito il Face ID

ed Apple ha preferito mantenere una cornice costante, così come fatto con l'iPhone XR.

La scelta è dal mio punto di vista premiante, sia sul piano estetico che funzionale,

perché c'è ovunque lo stesso spazio per appoggiare le mani,

e siccome qui il Face ID funziona in ogni verso, si ottiene il curioso effetto di dimenticarsi completamente dell'orientamento.

Spesso ci si trova ad usarlo anche capovolto, e ci se ne accorge solo dopo che si cercano i pulsanti, che sono tutti in un angolo,

oppure quando si copre con la mano il Face ID, perché l'iPad ce ne evidenzia la posizione con una freccia animata, bellissimo dettaglio tra le altre cose.

Lo schermo mantiene i 120Hz con frame rate variabile,

con una resa incredibile in termini di fluidità, sia visiva che di risposta ai comandi.

Molto buona la resistenza ai riflessi e la visibilità in esterno grazie ai 600 nits,

mentre il trattamento oleofobico funziona ma non fa miracoli, quindi le ditate si vedono.

La riproduzione cromatica con copertura sRGB e P3 è davvero eccezionale,

ed appartiene di fatto alla nuova famiglia Liquid Retina per via della particolare costruzione

che consente di creare angoli curvi anche su un LCD IPS.

Non è quindi uno schermo OLED, e chissà se Apple riuscirà ad inserirlo come miglioramento l'anno prossimo,

seppure la spesa potrebbe essere davvero salata,

considerando che quello ben più piccolo dell'iPhone XS Max già gli costa 100 dollari.

Da questo punto di vista si deve sperare che gli accordi di fornitura per i pannelli OLED da produttori aggiuntivi rispetto a Samsung

portino ad una concorrenza tale da ridurre la spesa,

e di consentire il cambio di tecnologia nel 2019,

ma senza incidere su un listino già fin troppo salato.

E onestamente ci spero poco.

Il profilo laterale piatto è un dettaglio che richiama da vicino ai vecchi iPhone 4 e 5 o, volendo, anche il primo iPad.

Ma se quello aveva il dorso bombato, l'iPad Pro 2018 è completamente dritto,

come una mattonella in cui sporge solo il modulo fotografico, ahimè.

Pur essendo quasi un ritorno al passato, questo profilo svecchia ulteriormente il design,

che appare più fresco e moderno.

Di contro maschera un po' l'effettiva riduzione di spessore,

che ora è di soli 5 mm, ma otticamente non sembra molto inferiore a quello del precedente iPad Pro.

In mano è comunque più piacevole e sicuro da tenere,

e l'unico svantaggio operativo importante che ho trovato è nella scrittura,

ma non dipende dall'hardware.

Non so dire se si tratti di una svista, di un bug o di una decisione presa con coscienza,

ma l'impossibilità di spezzare in due la tastiera rende praticamente impossibile

scrivere a due pollici su questo iPad, anche in verticale,

perché per raggiungere le lettere al centro è un'impresa ardua pure per chi ha mani grandi.

Mi auguro sinceramente che vi pongano rimedio,

perché più volte ho provato a scrivere tenendolo in mano e ci ho dovuto rinunciare per l'estrema fatica.

Se sul fronte visivo il design e lo schermo appagano, anche l'audio riesce a fare la sua parte.

I quattro speaker suonano forte e bene, rendendo immersivi i giochi, i film e persino piacevole la musica.

Pur con i limiti fisici dettati da uno chassis così sottile.

Lo stesso è anche parzialmente colpevole della sporgenza della fotocamera,

che era già prominente nella precedente versione, ma ora si nota di più perché ha una superficie maggiore.

All'interno non troviamo il modulo migliorato degli ultimi iPhone XR e XS,

ma quello precedente, con 12 megapixel, luminosità f/1,8 e video in 4K fino a 60 fotogrammi al secondo.

Gli manca la stabilizzazione ottica,

sostituita da quella digitale, ma le prestazioni per un tablet sono assolutamente valide.

La fotocamera frontale, invece, è quella che fa parte del sistema Face ID

e che riesce a vedere in tre dimensioni. Per questo è definita True Depth.

Ha 7 megapixel ed un'apertura f/2,2 con video Full HD,

a cui si aggiungono tutte le funzioni più recenti, come la modalità ritratto, il retina flash, le animoji e le mimoji.

Per quanto riguarda le prestazioni, il sistema Onachip

a 12X Bionic è persino difficile da catalogare.

Il dispositivo è davvero molto veloce, sia nei compiti semplici che iniziando a macinare contenuti video o foto,

ma a guardare i numeri l'impressione è che possa andare molto oltre.

iOS è certamente un freno che non ci consente di capire cosa potrebbe davvero fare un iPad Pro,

ma non cederei alla tentazione di confrontare i suoi risultati nei benchmark con quelli di un vero computer.

Anche se MacOS ed iOS condividono le loro attività,

quest'ultimo presenta una struttura software tale da concentrare la potenza della CPU in task di numero e complessità inferiori,

per cui l'architettura RISC riesce a spingere al massimo traducendo quei numeri in effettiva velocità.

Temo però che in un eventuale impiego su MacOS, possibile o improbabile che sia,

le prestazioni reali sarebbero almeno in parte da riconsiderare e non confrontabili uno a uno con quelle ottenute dalle CPU CISC x86 di Intel.

Ciò non toglie comunque nulla al valore del sistema OneChip A12X Bionic,

che al contrario riconferma la leadership di Apple nella realizzazione di chip ARM,

posizionandosi uno o forse due anni avanti alla concorrenza.

Il quantitativo di RAM è di 4 GB in tutti i modelli più comuni,

a partire da quello con 64 GB di storage e poi sui successivi 256 GB e 512.

Solo la nuova versione da 1 TB,

è totale a 6 GB di RAM,

presumibilmente per sopperire ai più importanti carichi di lavoro che sono prevedibili per un tablet di tale calibro e prezzo.

Anche questi però non vanno valutati pariteticamente rispetto ad un comune computer,

poiché iOS è molto più moderato nello sfruttamento della memoria,

e non ho mai notato nessun effetto spiacevole dovuto all'attuale dotazione del mio modello,

che per inciso è quello da 64 GB Wi-Fi + Cellular.

In termini di connettività c'è quel che serve,

Wi-Fi AC dual band simultaneo con tecnologia MIMO, Bluetooth 5.0 e nei modelli Cellular tutte le bande dati immaginabili,

nonché lo slot per la nano SIM fisica ed una eSIM integrata,

attivabile al volo con i provider internazionali.

Prima o poi si spera di poterla usare efficacemente anche con gli operatori italiani,

perché vorrà dire che saranno finalmente sfruttabili anche quelle degli iPhone XS e XR.

Per quanto molti non ci credessero,

Apple ha davvero abbandonato la porta Lightning,

oltre a poterlo utilizzare sull'iPad Pro.

Si passa dunque al più versatile standard USB-C, 3.1 generazione 2 in questo caso,

che ci consente di avere una buona velocità di carica,

a patto di dotarsi di un alimentatore superiore rispetto a quello da 18 Watt fornito in dotazione,

e soprattutto maggiore flessibilità con l'uso di adattatori ed hub di terze parti.

Si riescono a pilotare facilmente schermi di ogni tipo, ad esempio,

ma alla fine la cosa più pratica che ci poteva venire in mente è bloccata dal software.

Per quanto riguarda i dati,

non c'è niente da descrivere su memoria esterne.

Che siano hard disk, SSD o pendrive,

iOS se ne infischia,

e va soltanto a guardare sulle schere delle macchine fotografiche,

riconosciute per via di una specifica struttura di cartelle.

Ma anche qui si incorre in un grosso limite,

poiché ogni foto o video deve essere scaricato sulla memoria interna

per poter poi essere lavorato ed accessibile altrove.

Ne ho già discusso prima, per sommi capi,

ma va ribadito quanto sia assurdo questo limite.

Ho sempre in mente la pendrive SanDisk iXpand,

che collegata via Lightning ad un qualsiasi dispositivo iOS,

viene letta direttamente sia dalla sua app

che da alcune di terze parti, come l'ottima Infuse.

Mi chiedo dunque perché Apple non definisca uno standard

per consentire l'accesso, anche se limitato per tipologia di contenuti, alle memorie esterne.

Si tratta di un limite gigantesco per un dispositivo

che vuole fare della produzione multimediale la sua bandiera pro,

e che si devono dare una mossa per superarla.

Ma non si può parlare di iPad Pro senza i suoi accessori.

La tastiera e la matita digitale sono gli alfieri del successo di questo dispositivo,

che senza di loro perderebbe gran parte della propria identità.

L'introduzione del supporto all'Apple Pencil nell'iPad base del 2018

doveva farci già intuire che sarebbe arrivato qualcosa di nuovo nel futuro Pro,

e così è stato.

La Pencil di seconda generazione scrive come la precedente,

ma è un po' più piccola, con un profilo più comodo in mano

e soprattutto con metodi di ricarica e trasporto riusciti.

Il primo modello aveva nell'ergonomia delle gravi carenze,

visto che si doveva togliere il tappo, che spesso si perdeva,

e poi collegarla alla porta Lightning dell'iPad Pro per ricaricarla,

rimanendo sporgente e sostanzialmente ingestibile.

Aveva in dotazione anche un minuscolo adattatore femmina-femmina per alimentarla via cavo,

ma pure quello era pensato coi piedi,

e la maggior parte delle persone ha finito per smarrirlo

o dimenticarlo negli angoli più reconditi di qualche borsa.

Davvero non si spiega come abbiano potuto pensare ad una cosa simile,

ma per fortuna, dopo due anni ed infinite lamentele, se ne sono accorti.

Le due Pencil non sono compatibili l'una con l'altra, e questo va detto,

nel senso che i dispositivi che supportano la prima non possono usare la seconda e viceversa,

ma è tutto sommato comprensibile, visto che tra le due cambia praticamente tutto.

La nuova generazione non ha bisogno di connessione fisica,

ed ha anche un suo perfetto alloggiamento sul lato lungo dell'iPad Pro,

dove si trovano dei magneti che la tengono ben salda, ed una superficie di ricarica ad induzione.

Inoltre si abbina così all'iPad in modo semplicissimo,

mentre la precedente doveva essere collegata alla porta Lightning per passarla da un dispositivo all'altro.

Insomma, un miglioramento dell'ergonomia abissale,

che la fa passare di colpo dalla cosa più scomoda che si potesse immaginare

alla migliore realizzazione dell'intero mercato.

Una sorte analoga è toccata alla tastiera, poiché anche lei nella prima generazione sembrava un prototipo

che si è buttato fuori in fretta.

Solo a guardarla con quella gobba sporgente veniva da chiedersi come avessero potuto pensare di venderla.

Usandola sembrava quasi logico che fosse in quel modo,

come se non si potesse fare di meglio, ma in realtà si poteva e come.

Il nuovo modello si chiama Smart Keyboard Folio, ed ha moltissime caratteristiche distintive rispetto alla precedente.

La prima è che finalmente copre anche il dorso, arrivando pure a livellare la sporgenza della fotocamera.

La seconda è che non ha gobbe.

Ma scorre via liscia, poiché il supporto per il tablet è ottenuto grazie a due semplici scanalature sulla superficie d'appoggio.

La terza è appunto quella di avere una seconda posizione, quindi due possibili inclinazioni.

Una simile alla precedente, ed un'altra che mantiene l'iPad un po' più verticale.

Siamo sempre lontani dalla praticità dello stand del Surface, ma è comunque meglio di prima.

Altra cosa molto interessante è che si attacca all'iPad Pro grazie ad un'enorme quantità di piccoli magneti,

e che è un po' difficile posizionarla nel modo giusto, anche senza guardare.

Pur con tutti i limiti di un dispositivo simile, i cui tasti a membrana con rivestimento integrale sono quel che sono

e l'utilizzo al di fuori di una scrivania è sempre troppo ballerino,

segna anche lei un netto miglioramento di usabilità rispetto al primo modello.

L'unico punto che sul fronte ergonomico fa svanire l'alone di magia risiede nel fatto che,

usando l'iPad a mo' di tablet con la cover aperta, i tasti vanno sul retro e li si schiaccia continuamente con le dita.

Personalmente non è il fatto in sé ad infastidirmi, quanto la perdita di concentrazione che ne deriva.

Non so se capita anche a voi, ma quando ho per le mani qualcosa che si muove o si schiaccia,

questa tende a rattirare la mia attenzione e finisco per giocarci.

Certe volte quasi non ci faccio caso, altre mi fa impazzire al punto che devo togliere la cover,

ma per fortuna è tutta magnetica e viene via con un singolo gesto.

C'è tuttavia un dettaglio che ritengo interessante sottolineare: lo smart connector è ora posizionato sul dorso del smartphone,

quindi la tastiera è effettivamente connessa anche quando sta piegata sul retro, ed inevitabilmente la schiacciamo.

Tuttavia iOS capisce la sua posizione per via dei magneti e la disattiva.

Per fortuna, aggiungo, visto che altrimenti sarebbe stato impossibile usarla.

Per trarre delle conclusioni, sono solito ripercorrere velocemente tutti i punti salienti di una recensione,

ma in questo caso preferisco parlare d'altro.

Che l'iPad Pro sia un dispositivo eccezionale credo sia palese,

basta un colpo d'occhio per capire che ha una marcia in più rispetto a tutti gli altri tablet,

e far riflettere che già l'aveva il precedente modello, che ora sembra di colpo invecchiato.

Dal punto di vista squisitamente hardware, mi spingo a dire che non potrebbe essere migliore di così,

pur consapevole che il prossimo dovrà inevitabilmente smentirmi.

Ciò che intendo è che non è nelle specifiche tecniche che si trovano dei limiti,

ma nella sua stessa natura di tablet.

Apple sta lavorando da anni ad una sorta di confluenza tra x86 ed ARM,

ma ancora non è chiarissimo quale sarà la direzione che sceglierà di seguire.

Se, come si pensa, dovesse realizzare nel prossimo anno, o magari nel successivo,

un primo portatile basato sui suoi ottimi system on a chip di classe mobile,

allora vorrà dire che anche l'iPad potrà far girare macOS nativamente.

Ma, vi dirò di più, è ovvio che questi test li stiano già facendo da tempo internamente,

e se non hanno ancora compiuto questo passo ci sarà un motivo.

Avrebbe davvero senso un sistema operativo completo su un tablet?

Io ho sempre avuto il sogno di collegare un iPhone, che di potenza già ne ha da vendere,

ad un dock che lo trasformi in un piccolo computer,

così come già da tempo fanno alcuni smartphone della concorrenza.

Anche lì però, come nel caso del Starface,

la commissione tra i due mondi è stata finora mal gestita.

Ciò mi fa vedere lo spazio utile affinché Apple faccia il suo solito mestiere:

arrivare dopo e reinventare la ruota, dimostrando come si sarebbe dovuta pensare alla cosa fin da principio.

Mi sembra impossibile.

Che nel lungo termine non si arrivi prima o poi ad una situazione del genere.

Ma se devo guardare al qui e subito, non è macOS quello che manca ad iPad Pro.

Anzi, grazie a Luna Display ho usato per diversi giorni il tablet come schermo touch del mio Mac Mini 2018,

e per quanto sia un gioco divertentissimo, si capisce bene che non è più di quello: un gioco.

Comprendo pienamente la scelta di separare i due mondi e il tentativo con l'iPad di mettere a frutto l'era del post-PC,

ma sono convinto che il lavoro sia già completo come alcuni sostengono.

È vero che a guardare i numeri si rimane allibiti, poiché gli iPad che vende Apple sono di più dei portatili venduti dal primo in classifica tra i produttori generici,

ma questo non deve indurci a pensare che il prodotto sia già maturo.

Potrebbe esserlo, se l'obiettivo finale fosse solo quello di creare il perfetto dispositivo di svago e di intrattenimento in mobilità,

ma per liberarsi completamente dell'etichetta di sub-computer bisogna spingere ancora molto

sulla produttività: personalmente ho fiducia sulla capacità di Apple di portare a termine un compito così difficile come quello di trasformare l'esperienza d'uso di tutti i computer,

sono i tempi a destarmi più di qualche remora.

Se sul fronte hardware corrono come i treni, iOS procede a spizziche e bocconi, con miglioramenti progressivi irrisori e sempre in ritardo rispetto a quanto ci si aspetterebbe,

e questo ci ha portato ad avere un dispositivo come l'iPad Pro, potenzialmente incredibile ma duramente vincolato.

La recensione dell'iPad Pro 2018 è stata scritta e letta da Maurizio Natali, la trovate completa sul sito saggiamente.com corredata da approfondimenti e fotografie.

Autore dei sottotitoli e revisione a cura di QTSS